CONCORSI DI SCRITTURA CREATIVA

CREAZIONE DI UN FUMETTO

Giorgia Fortunato


Prima B  Scuola Secondaria di Primo Grado

Istituto Comprensivo NOVIGLIO - CASARILE

NOVIGLIO (MI)


CATEGORIA F

(incipit concorso)

Erano trascorsi pochi mesi dal matrimonio tra Daniel e Camilla e dalla loro incoronazione. Tutto era ritornato alla normalità nel regno. Ma un giorno, alle prime luci dell’alba, a corte arrivò Giovanni uno dei giovani cavalieri del collegio che volle parlare con il re. Era stanco e molto provato, riuscì solo a dire “Daniel… Diego De Villamar è in pericolo, al collegio abbiamo bisogno di te”. Daniel incrociò lo sguardo spaventato di Camilla che senza indugio gli disse: “Vai!”.

 

Un nuovo lieto fine


Di corsa, Daniel si precipitò nelle scuderie per prendere il suo cavallo, nel frattempo
Giovanni fece lo stesso e insieme si diressero al collegio.
Daniel in cuor suo sapeva che ciò che stava facendo, qualunque cosa fosse, era per il bene del suo popolo e per garantire la pace, ma per qualche strano motivo gli sembrava di mettere ancora una volta da parte Camilla.
A interrompere questi suoi pensieri fu la voce spezzata di Giovanni una volta arrivati a destinazione: "Siamo arrivati... presto... corri!". Daniel non se lo fece ripetere due volte.
Non appena entrò dal grande portone del collegio, percepì che qualunque cosa fosse successo era davvero grave: i monaci, gli insegnanti, gli studenti, tutti avevano dipinta sul volto un'espressione di irrequietezza e in un angolo era inginocchiata una donna piuttosto anziana che piangeva a dirotto, accerchiata da alcune studentesse che le porgevano fazzoletti di stoffa color crema e le sussurravano qualcosa all'orecchio. Daniel vide il direttore del collegio, un uomo piuttosto anziano, correre giù per le scale e venirgli incontro con aria trafelata. Non appena Daniel lo guardò direttamente in volto provò un senso di compassione verso quell'uomo: aveva il viso pallido come un lenzuolo, gli occhi che di solito erano vispi e vivaci, ora erano piccoli e impauriti. Le labbra tremavano, così come le mani rugose. Daniel non si trattenne: "Direttore, cosa è successo? Perché Giovanni è così irrequieto? E chi è la donna che piange?". L'uomo guardò Daniel con le lacrime agli occhi e quasi sussurrando gli disse: "Vieni, andiamo a parlare in un posto più tranquillo".
Daniel continuava a non capire. I due attraversarono tre corridoi, salirono una scala e poi un altro corridoio, infine giunsero davanti ad un portone riccamente decorato che il direttore aprì con aria estremamente solenne. Daniel non ebbe neanche bisogno di chiedere che stanza fosse quella, sin da quando si era trovato davanti al portone gli era stato subito chiaro: era la biblioteca! In fondo, per Daniel era impossibile dimenticare quell'infinità di pomeriggi passati sui libri, che fosse per una ricerca assegnatagli dall'insegnante o semplicemente per una sana curiosità che non gli era mai mancata. Non appena entrarono Daniel sentì un profumo particolare, familiare e allo stesso tempo nuovo: odore di libri. Quell'odore inconfondibile che non si trova da nessun'altra parte e Daniel era felice di sentirlo nuovamente dopo tanti anni.
Il direttore con un cenno della testa indicò il lungo corridoio di scaffali, libri e pergamene e Daniel annuì in silenzio, benché non avesse la minima idea di cosa volesse dire.
I due attraversarono con passo deciso la biblioteca e giunsero ad una porta in legno, forse l'ebano pensò Daniel.
Il direttore estrasse una piccola chiave argentata dalla tunica e la inserì nella toppa.

Non appena entrarono Daniel rimase a bocca aperta per la visione che si era aperta davanti a lui: decine e decine di scaffali in legno scuro dove erano sistemati ordinatamente altre decine e decine di libri antichi dalle pagine giallastre ma dal fascino eccezionale. Sul pavimento era poggiato un tappeto rosso decorato da sottili filamenti dorati. In fondo alla stanza c'era una scrivania sempre in legno, ma lievemente più chiaro rispetto agli scaffali, sopra vi erano appoggiate delle penne, due o tre pergamene e anche qualche libro aperto. Le sedie erano sempre in legno e decorate da cuscini rossi con sopra ricamato lo stemma del collegio San Giorgio. Il direttore fece cenno a Daniel di sedersi.
L'uomo guardò Daniel con aria solenne e iniziò a parlare con voce tremante: "Daniel, tu sei qui per un motivo, mi dispiace toglierti dalle braccia di Camilla qualche mese dopo il vostro matrimonio, credimi sono molto dispiaciuto e..." Daniel non lo fece finire e con voce fredda gli disse: "Sono onorato di aiutarvi direttore, ma se non mi raccontate tutta la storia non saprei proprio come fare". Il direttore lo guardò con aria mortificata e gli disse: "E va bene, hai ragione, hai diritto di sapere cos'è successo! Mi hai chiesto perché Giovanni fosse così irrequieto ebbene devi sapere che questa mattina Diego De Villamar è venuto al collegio per una visita e disse che avrebbe voluto ammirare ancora una volta i libri della nostra biblioteca, io chiaramente dissi che non c'era alcun problema e chiesi a Giovanni di accompagnarlo e di mostrargli i nostri libri più interessanti e pregiati. Giovanni ubbidì e accompagnò il nostro ospite in biblioteca, proprio dove siamo noi adesso, dove sono custoditi i libri più preziosi. Dopo circa un'ora Giovanni scese dicendomi che il signor De Villamar avrebbe gradito una camomilla calda e io subito diedi ordine in cucina di prepararne una. Non appena fu pronta diedi a Giovanni un vassoio con la bevanda e gli dissi di portarla al nostro ospite.
Lui subito si precipitò in biblioteca, ma dopo pochi minuti si sentì un rumore di ceramica rotta e io vidi Giovanni che correva giù per le scale e con voce rotta mi disse che Diego de Villamar era sparito. L'abbiamo cercato per tutto il giorno ma di lui non c'era traccia". Non appena il direttore ebbe concluso il racconto Daniel rimase senza parole, ecco perché Giovanni era così irrequieto, si sentiva responsabile per non essere riuscito a proteggere Diego De Villamar dalla sfortunata sorte che gli era capitata. Daniel, stavolta anche lui con voce spezzata disse al direttore: "Ora ho capito, c'è solo un'altra cosa che vorrei sapere", "Dimmi tutto e io cercherò di risponderti" annuì il direttore. Così Daniel continuò: "Chi è la signora anziana che stava piangendo quando sono arrivato?". Il direttore lo guardò con uno sguardo velato dalla compassione: "Quella donna è la signora Lucia De Villamar, la madre del signor De Villamar, è molto anziana ed è rimasta vedova quando il figlio era ancora piccolo. Il signor De Villamar è ormai un adulto ma la madre lo considera sempre il suo bambino, quindi potrai capire la sua disperazione quando ha appreso ciò che era successo dalla lettera che le ho inviato questa mattina, poco dopo la scomparsa del figlio. Il problema è che ora è convinta di voler denunciare il collegio e tutti noi per la scomparsa del figlio e ci ha dato un ultimatum...".
"Un ultimatum? Che tipo di ultimatum?" Chiese Daniel sbarrando gli occhi in preda
all'agitazione. "Dice che se non ritroviamo il signor De Villamar entro quarantotto ore, procederà con la denuncia al Re e noi non potremmo più fare nulla..." concluse il direttore quasi con le lacrime agli occhi. Daniel scattò d'istinto in piedi tanto che per poco non fece cadere la sedia sul pavimento. Nella sua testa c'era solo confusione: il collegio rischiava di chiudere, un'altra disgrazia rischiava di minare la pace del popolo, Camilla lo aspettava ansiosa e come se non bastasse Daniel pensava anche a Lucia, quella povera donna che stava così in pena per il figlio. Il direttore sembrò leggergli nel pensiero e dopo essersi alzato e avergli poggiato una mano sulla spalla per rassicurarlo, gli disse con voce rotta dall'angoscia: "In effetti Daniel...c'è qualcosa che non ti ho detto...".
"Cosa? Cosa non mi ha detto? Cosa potrebbe andare peggio?" disse Daniel ormai sull'orlo di un pianto disperato. Il direttore, percependo questa sua ansia gli mise le mani sulle spalle e gli disse: "In biblioteca abbiamo trovato un biglietto, proprio sulla sedia dov'era seduto il ignor De Villamar e poi... è intestato a te. Non volevo dirtelo per non allarmarti ulteriormente".
Daniel non credette alle proprie orecchie e con voce ferma e pacata disse: "Datemi questo biglietto, voglio vederci chiaro!" Il direttore abbassò la testa con aria di rassegnazione e si avvicinò alla scrivania con passo lento e pesante, aprì il secondo cassetto, ne tirò fuori un piccolo biglietto giallastro e lo porse a Daniel; lui lo aprì lentamente con il cuore in gola e lesse ad alta voce: "Cavalier Daniel, ti starai chiedendo chi sono e perché Diego De Villamar è sparito, be', ti risponderò con un indovinello: tutti noi ne abbiamo una, che sia scritta oppure no, che sia in un quadro o in taccuino, mi sai dire che cos'è? Firmato: M.A.S.".
Daniel fissò il piccolo biglietto che teneva tra le mani, poi volse il suo sguardo al direttore che era ancora in piedi accanto a lui e poi di nuovo al biglietto. Cominciò a pensare a ciò che aveva appena letto: "tutti ne abbiamo una", be', tutti abbiamo una casa pensò Daniel, però una casa scritta in un diario è un'idea un po' strana. Per un attimo quell'idea lo fece sorridere ma poi tornò subito a concentrarsi sull'enigma, stavolta parlando sottovoce in modo quasi impercettibile: "Tutti ne abbiamo una... può essere in un quadro... non è la casa... può essere scritta in un diario... un momento, ci sono! La storia!"; stavolta riprese a parlare ad alta voce guardando il direttore con un bagliore di speranza negli occhi: "È la storia! Tutti abbiamo una storia, una storia può essere scritta in un diario o essere ritratta in un dipinto!", il direttore rispose a questo suo entusiasmo con aria malinconica: "Daniel, figliolo, capisco la tua emozione e la apprezzo davvero, credimi, però questa soluzione non ci porta comunque da nessuna parte...".
Daniel fissò per un attimo il direttore, poi si sedette fissando il tappeto color ciliegia. Lui sapeva che quella era la risposta a tutto l'enigma però non sapeva come metterla in pratica. Il direttore si c hinò a terra e gli mise una mano sulla spalla e gli disse: "Ragazzo, io capisco che tu voglia aiutarci, ma non dimenticare che hai una vita fuori dai panni del cavaliere, hai Camilla innanzitutto. Fidati di me, ora torna al castello e riposati, domattina ci penseremo con più lucidità". Poi gli sorrise, lo fece alzare e gli porse la giacca che Daniel aveva appoggiato alla sedia poco dopo essere entrato. Per un secondo il cavaliere volse lo sguardo alla piccola finestra nel muro e si rese conto che era già sera! Camilla lo aspettava! Si mise la giacca, ringraziò il direttore per i consigli e l'ospitalità, si precipitò giù per le scale, corse fuori e in fretta e furia montò in groppa al suo cavallo dirigendosi al castello. Non appena varcò l'enorme portone trovò Camilla che lo aspettava a braccia aperte, lui ormai esausto l'abbracciò, lei percependo questo suo sfinimento gli chiese gentile: "Daniel, va tutto bene? Sembri esausto... cosa hai fatto oggi?", Daniel non se la sentiva di far preoccupare inutilmente la principessa, così rispose vago: "Tranquilla, sono solo un po' stanco perché ho corso tutto il giorno...".
A Camilla parve una scusa bella e buona, ma non volendo discutere si limitò ad annuire.
Daniel salì esausto la lunga scalinata fino ad arrivare nella sua stanza, ebbe appena il tempo di sedersi sul letto che subito fu chiamato per la cena. Dopo mangiato corse in camera sua per evitare di incontrare Camilla e doverle mentire di nuovo per quel suo comportamento strano.
Quella fu una notte insonne! Ogni volta che Daniel riusciva a chiudere gli occhi i mille pensieri che aveva in testa spuntavano fuori non facendolo dormire, così, a notte fonda dopo l'ennesima paranoia placata, si alzò dal letto facendo attenzione a non svegliare Camilla e in punta di piedi si recò in balcone sperando che guardare le stelle lo aiutasse a conciliare il sonno, ma niente!
Ogni volta che tentava di dormire l'ansia e la pressione prendevano il sopravvento.
Daniel pensò che fosse tutto inutile e ritornò a letto sperando che il mattino arrivasse il prima possibile. Eppure come dice il detto, "la notte porta consiglio", infatti tra un pensiero e l'altro, Daniel ebbe tempo di ripensare all'indovinello e infine, per sua fortuna, di giungere anche ad una soluzione. Ripensando alla possibile risposta che si era dato pensò a tutti i luoghi che conosceva, anche a quelli più remoti e poi finalmente la soluzione arrivò: l'archivio del castello!
Nell'ala sud del castello c'era l'archivio generale, una grandissima stanza che conteneva migliaia e migliaia di libri e pergamene sulla storia del regno, su chi era nato, chi aveva vissuto e chi era morto lì. Se questo misterioso M.A.S. voleva che Daniel andasse lì doveva esserci un motivo, magari aveva nascosto anche un altro biglietto tra quei documenti e chissà, magari era lì che aveva nascosto Diego De Villamar e magari sempre lì avrebbe trovato delle informazioni sul suo rapitore. Daniel non riusciva più a trattenere la sua gioia: finalmente aveva risolto l'enigma.
Si mise nuovamente a letto e finalmente riuscì a prender sonno quanto bastava per essere lucido il giorno dopo. Il mattino seguente si svegliò all'alba per andare a cercare nell'archivio
le informazioni di cui aveva bisogno. Dopo ore e ore di ricerca si rese conte che lì non c'era nessun biglietto, stava per varcare la soglia della porta per andarsene quando si accorseche un libro spuntava dallo scaffale, fece per rimetterlo a posto quando questo gli cadde tra le mani. La copertina era ruvida color vino, ricamata con piccoli filamenti dorati. Il titolo (anch'esso ricamato in oro) recitava "Alberi genealogici e storie della famiglia reale". Daniel cominciò a sfogliarlo distrattamente e vide che all'interno c'erano gli alberi genealogici di molte dinastie reali e qua e là scorse anche alcune storie, ma la maggior parte erano solo vecchie leggende. Stava per rimettere il libro al suo posto quando una pagina in particolare attirò la sua attenzione: era l'albero genealogico della famiglia di Camilla! C'era sua padre, suo nonno, i fratelli di suo padre e i suoi cugini.
Poi però notò qualcosa di ancora più curioso: vicino al riquadro con il nome di Camilla, ce n'era un altro, però Daniel non riusciva a leggere bene il nome perché sopra il quadrato sembrava esserci una macchia. Allora Daniel prese la punta del suo mantello e tentò di pulire delicatamente la pagina. Quando la macchia sparì e il nome fu chiaro, Daniel lo lesse e quando lo fece trattenne a stento un urlo di stupore, rilesse il nome nella sua testa migliaia di volte come fosse uno scioglilingua, poi lo sussurrò un'ulteriore volta: "Morbius Arcturus Serafin", cioè "M.A.S."!
Daniel non credette ai propri occhi, non solo Serafin aveva un figlio di cui non aveva mai detto niente a nessuno, ma Camilla aveva un fratello malvagio che aveva rapito Diego De Villamar e rischiava di far chiudere il collegio per sempre.
Daniel non trattenne più la rabbia: avvolse il libro nel mantello perché nessuno lo vedesse e si diresse a passo svelto nella sala del trono dove il re stava svolgendo le solite pratiche. Non appena si trovò davanti al portone lo spalancò con violenza e trovò il re che stava leggendo una lunga pergamena seduto sul trono.

Il re lo accolse con gentilezza: "Daniel, ragazzo mio! Cosa ci fai qui? Qualcosa non va?", ma Daniel senza girarci troppo intorno lo aggredì: "Me lo dica lei! Le dice forse qualcosa questo? Morbius Arcturus Serafin! Vuole spiegarmi perché mi ha tenuto nascosto di avere un altro figlio oltre Camilla?" disse aprendo il libro e indicando l'albero genealogico della famiglia.
Il re abbassò lentamente la testa come fa un cane quando sa che sta per essere sgridato. Stava per aprire bocca, poi tacque, poi fece per parlare e tacque di nuovo, infine si decise a parlare. Fece sedere Daniel in una piccola sedia in legno e lui si sedette sul suo trono, il re per tutto il tempo era stato oggetto dello sguardo critico e severo di Daniel.
Finalmente il re iniziò a parlare: "Daniel, figliolo, devi sapere che io e Christine, la mamma di Camilla, eravamo molto innamorati. Purtroppo Christine morì poco dopo la nascita di Camilla, ma molto prima di questo, anche prima di Camilla lei diede alla luce un altro bambino: Morbius Arcturus Serafin. Lui sin da subito si dimostrò affettuoso, giocherellone e allo stesso tempo molto sensibile e profondo, un po' come Camilla adesso, non ti pare?"; Daniel si limitò ad annuire in silenzio. Il re continuò: "Nella sua infanzia ma anche nella sua adolescenza era apprezzato da tutto il villaggio, dai giovani e dagli anziani, dai bambini e dagli adulti: aiutava le signore anziane ad attraversare, giocava con i bambini anche più piccoli di lui, insomma, il ragazzo perfetto.
Poi però qualcosa cambiò, in età adulta cominciò a sviluppare un istinto violento mai visto: rovinava muri della stanza, distruggeva le colonne del palazzo, rispondeva a Christine in modo irrispettoso quando lei si rivolgeva a lui in modo calmo e gentile. Finché un giorno litigammo, lui mi disse che non mi voleva più come padre e io, in preda ad una rabbia incontrollata, gli dissi che non l'avrei più voluto come figlio.
Morbius prese le sue cose e se ne andò e io decisi che nessuno avrebbe dovuto ricordarsi di lui, per fortuna a distanza di anni così fu. Quando nacque Camilla, per un periodo la paura che anche lei seguisse le orme del fratello mi angosciò per fortuna però non successe. Per questo sono così rigido con Camilla e pretendo sempre un comportamento eccellente, lo so che a volte esagero, ma non sopporterei che la storia si ripetesse e soprattutto non sopporterei di perdere Camilla.". Quando il re ebbe finito di parlare Daniel rimase a bocca aperta, però c'era ancora una domanda che non lo faceva dormire e decise di porla al Re, così disse con voce pacata: "C'è solo una cosa che ancora non ho capito, perché Morbius avrebbe rapito Diego De Villamar? Qual è il suo scopo?", il Re lo guardò con uno sguardo perplesso e gli rispose: "Mi dispiace ragazzo, a questa domanda non so rispondere", Daniel osservò attentamente i suoi occhi: erano sinceri e decise di non insistere. Detto questo ringraziò il re per la sua sincerità e se ne andò in cerca di altre risposte. Era praticamente ora di pranzo, ma Daniel aveva così tanti pensieri per la testa che il cibo non era tra le sue priorità, così decise di fare un giro a cavallo per schiarirsi le idee.
Come se non bastasse la signora Lucia avrebbe sporto denuncia presso il Re se entro mezzanotte in punto del giorno stesso Daniel non le avesse riportato il figlio sano e salvo. Mentre Daniel era sommerso da questo pensiero il cavallo continuava a camminare a passo regolare, quando ad un certo punto questo si fermò di colpo, il giovane cavaliere fece per alzare la testa e si vide il passo sbarrato da un uomo incappucciato con un mantello nero talmente lungo che a stento si vedevano i vestiti.
In un primo momento Daniel non capì, ma ad un certo punto il vento fece spostare
lievemente il mantello dal petto lascando intravedere un pezzo della camicia e Daniel riuscì a scorgere una soglia: M.A.S.! Non appena l'uomo capì di essere stato smascherato frustò il cavallo perché questo si mettesse a correre più velocemente e Daniel ovviamente si gettò all'inseguimento.
Corsero per pochi metri quando il misterioso M.A.S. entrò in una grotta e il giovane cavaliere lo seguì prontamente. Daniel inizialmente ebbe un po' di difficoltà nel condurre il cavallo nella grotta così decise di seguire Morbius a piedi per fare più veloce. Così tra qualche roccia e qualche spuntone si ritrovò faccia a faccia con il suo nemico, M.A.S. si chinò un attimo dietro la roccia e trascino fuori il corpo tremolante e irrequieto di... Diego De Villamar! Aveva uno sguardo spaventato, grondante di sudore con gli occhi pieni d'angoscia. Daniel stava per corrergli incontro per portarlo via quando Morbius cominciò a parlare: "Sei venuto finalmente piccolo cavaliere! Sapevo che il libro ti avrebbe incuriosito e sapevo anche che saresti andato a parlare con mio padre, sei così prevedibile!" gli disse con tono freddo e maligno. A quel punto anche Daniel rispose: "Cosa vuoi da Diego De Villamar? Qual è il tuo scopo?", Morbius scoppiò in una risata malvagia: "ahahahah, davvero non hai ancora capito? Quello stolto di mio padre lascerà tutti i terreni e tutti i beni della nostra famiglia a quella sciocca di mia sorella, io voglio solo ciò che mi spetta. Ti propongo un accordo: tra due ore io tornerò qui con De Villamar e tu verrai qui con Camilla e mio padre e io costringerò loro a firmare un contratto dove acconsentono a cedere a me tutti i beni della famiglia". Daniel non sapeva che fare, ma momentaneamente accettò l'accordo uscì dalla grotta a testa bassa, montò in sella al suo cavallo e si diresse al castello, pensando ad un modo per risolvere la situazione.
Per prima cosa andò a parlare con il Re per raccontargli tutta la storia e il suo piano che dopo un primo momento di perplessità decise di seguire; poi corse da Camilla e dopo le dovute spiegazioni anche lei decise di fidarsi di Daniel e del suo piano. Dopodiché chiamò a raccolta una trentina di guardie perché lo aiutassero con Morbius al momento dell'incontro nella grotta.
Daniel riunì tutti quanti nella sala del trono per spiegare loro il suo piano e quando fu sicuro che fossero al riparo da orecchie e occhi indiscreti cominciò ad esporre il suo piano partendo dalle guardie: "Allora: dieci di voi si apposteranno all'interno della grotta prima dell'incontro con Morbius, gli altri staranno fuori in caso cerchi di scappare. Io, Camilla e il Re entreremo nella grotta per firmare il finto contratto che ho preparato, dopo che la firma del foglio sarà avvenuta i dieci di voi appostati nella grotta si butteranno addosso a Morbius per rubargli il foglio in modo da non avere prove di quanto accaduto, se come penso cercherà di scappare non sarà un problema perché gli altri saranno nascosti all'esterno della caverna in modo da riuscire a fermarlo e poterlo finalmente chiudere in prigione. Tutto chiaro?", tutti annuirono e Camilla gli rivolse uno sguardo d'ammirazione.
Alla scadenza prestabilita Morbius, Daniel, Camilla e il Re si recarono alla grotta come previsto, padre e figlia firmarono il contratto e Morbius permise al signor De Villamar di andare dal cavaliere. Il piano di Daniel poteva avere inizio: al suo segnale gli uomini appostati tra le rocce aggredirono Morbius strappandogli il contratto di mano, come previsto lui cercò di scappare e Daniel lo inseguì, purtroppo le guardie appostate all'esterno non riuscirono a fermare Morbius così toccò proprio al cavaliere il compito di fermare il cattivo. Daniel e Morbius montarono in sella ai propri cavalli così l'inseguimento ebbe inizio: Daniel
seguì Morbius per qualche miglio quest'ultimo stava per farla franca quando, per fortuna o per volere del destino giunsero ad una cascata e Morbius fu costretto ad arrestare la sua corsa, fece per prendere la spada e lottare ma Daniel con un'abile mossa riuscì a disarmarlo. Il cavaliere fece tenere al suo nemico le mani dietro la schiena in attesa dell'arrivo delle guardie e del Re.

Quella sera ci fu un lieto fine per tutti, il re imprigionò finalmente Morbius liberandosi del suo vecchio rimorso, Daniel accompagnò Diego de Villamar da sua mamma Lucia che non appena lo vide scoppiò in un pianto di gioia senza fine: abbracciò in figlio fino quasi a soffocarlo e lo stesso fece con Daniel, poi andò da Camilla, le prese dolcemente le mani e le disse: "Figliola, hai trovato un ragazzo coraggioso, forte, generoso, ma soprattutto... con un cuore d'oro. Non fartelo scappare", Camilla, facendole anche l'occhiolino, le rispose: "Lo so, non me lo farò scappare, promesso", poi guardò Daniel con gli occhi intrisi di gioia, felicità, spensieratezza, libertà, ma soprattutto...intrisi di un amore sconfinato. Lui ricambiò, altrettanto dolcemente.
Poi la signora Lucia di rivolse a Daniel: "Ovviamente, il collegio rimarrà aperto, mi avete riportato mio figlio ed era tutto ciò che vi avevo chiesto, una promessa è una promessa".
Il giovane cavaliere la ringraziò con gentilezza e corse immediatamente a dirlo anche al direttore del collegio, che non appena seppe la notizia fece i salti di gioia! Così si conclude quella che di Daniel e Camilla è la storia, fatta d'amore, speranza, libertà...e gioia!

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