C’era una volta un principe, il suo nome era Rodolfo. Il re, suo padre, morì molto presto e Rodolfo prese il suo posto in giovane età.
Il giovane re aveva un unico scopo nella sua vita: estendere il proprio territorio e conquistare nuovi regni. Rodolfo trascorreva le sue giornate con gli ufficiali per organizzare al meglio l esercito rendendolo efficiente e spietato e predisporre tutte le strategie di guerra.
Purtroppo per finanziare tutte le spedizioni militari occorrevano tanti soldi e le risorse del regno iniziarono ben presto a scarseggiare.
<<Meglio ridimensionare le nostre pretese>> gli disse il suo consigliere più fidato, ma il re andò su tutte le furie: <<Giammai! Tasseremo ancora di più i nostri sudditi>>.
<<Ma sire, il popolo è già costretto a pagare tante tasse. Da quel poco che i sudditi guadagnano, noi tanto già prendiamo!>>.
Fu così che il re si avvicinò alla sua finestra e vide da lontano tantissimi bambini che nel villaggio giocavano e si divertivano. <<Chi sono?>> disse al suo consigliere e l’uomo rispose
<<Sono bambini, i figli dei contadini e dei commercianti>>.
<<Cosa fanno?>> chiese ancora il re scatenando imbarazzo nel suo interlocutore <<Giocano!>>
<<Cioè?>> chiese Rodolfo ignaro di quel termine.
<<Sire, attraverso il gioco i bambini si conoscono e passano il loro tempo in modo spensierato tra risate e divertimento>>.
<<Quei bambini stanno perdendo il loro tempo a fare cose inutili. Non serve a nulla giocare. Non costruiscono nulla, né per loro né per il regno. Sono cresciuto senza fare tutte quelle cose e guardate dove sono arrivato!>> disse il re sotto lo sguardo interdetto dell’uomo.
<<Ho deciso!>> disse imperioso <<Vieterò a tutti i bambini e bambine del regno di giocare e di andare a scuola. Utilizzeranno il loro tempo per lavorare, ed i loro guadagni saranno tassati al pari di quello dei loro genitori>>.
<<Ma Sire…>> provò a controbattere il consigliere, ma non ci fu verso.
<<Così ho deciso! E da oggi in poi, chi tenterà di mettere in discussione quanto da me stabilito sarà imprigionato!>>.
Da quel giorno, quel regno divenne triste.
La decisione del re spense tutti i sorrisi dei bambini. Non si sentivano più urla di gioia, ma solo di dolore a causa del duro lavoro a cui aveva costretti tutti.
Nessuno osava ribellarsi, soprattutto perché con i proventi del lavoro dei bambini, l’esercito diventava sempre più forte. Il re aumentò anche i controlli nei piccoli borghi e in tutti i cortili per eliminare ogni tentativo di ribellione.
Passarono molti anni e quei bambini erano oramai diventati genitori. Le nuove generazioni erano tutte sottoposte sempre a quelle dure leggi di Rodolfo.
Anche il re era diventato genitore del piccolo Riccardo.
Il piccolo principe trascorreva le giornate da solo con la mamma. La donna gli raccontava sempre di un mondo sereno e felice che purtroppo non esisteva più, ma che aveva letto in tanti libri nascosti nei bauli del castello.
Riccardo era un bambino molto curioso, e così, attento a non farsi vedere, un giorno sbirciò in tutti i bauli per trovare quei libri e conoscere quelle storie raccontate dalla mamma.
Finalmente li trovò e scoprì che un tempo c’erano i giochi che facevano divertire bambini, c’erano le canzoni e poesie per rallegrare le serate di festa, c’erano i quadri su cui era possibile riprodurre la bellezza dei panorami, c’erano gli spettacoli per trascorrere ore in allegria, ma soprattutto c’erano le risate dei bambini che rendevano tutto più bello.
Meravigliato da quella incredibile scoperta, il piccolo principe fece una corsa dal padre.
<<Padre ho un desiderio!>> disse il bambino urlando felice quella frase in un salone pieno di ufficiali.
Il re andò incontro al figlio
<<Quale desiderio hai?>>
<<Per il mio compleanno voglio organizzare una festa, con tanta musica, spettacoli, acrobati e canti. E poi verrei un ritratto con te e con la mamma>> disse il bambino
<<Bene!>> disse il re. <<Portate qui tutti i musicisti e cantanti del regno, tutti gli acrobati e giocolieri e il più bravo pittore. Dobbiamo organizzare la più grande festa a mio figlio!>> ordinò agli ufficiali.
Gli uomini parlottarono tra loro poi, con fare imbarazzato, uno di loro prese la parola:
<<Maestà ci dispiace deluderla, ma nel nostro regno non ci sono artisti. Abbiamo solo contadini, pastori, commercianti e guerrieri>>.
A quelle parole il bambino deluso andò via.
Ma quella risposta al re non bastò. <<Com’è possibile? Quando mio padre era re, ricordo che c’erano tante feste, tanti artisti. Dove sono finiti?>>.
In realtà tutti sapevano che la colpa fosse proprio del re. Eliminando i giochi aveva tolto a tutti i bambini la possibilità di sognare, di inventare, di coltivare la fantasia. Avevano tutti le mani usurate dal lavoro ed i sorrisi spenti.
Da quel giorno il piccolo principe si ammalò. Al suo capezzale arrivarono i medici più importanti del regno ma nessuno capiva la strana malattia che costringeva il bambino a letto con febbre alta.
Il re da quel momento passò le sue giornate seduto accanto al figlio. Le condizioni non miglioravano, anzi peggioravano di giorno in giorno.
Il re piangeva tanto. <<Cosa posso fare per te?>> chiese al bambino.
<<Il regalo più grande. Dai la possibilità ai bambini di giocare. Hai il potere di riportare il sorriso nel nostro regno. I bambini hanno bisogno di giocare e il tuo regno non ha bisogno di un esercito forte ma del cuore forte del suo re>>.
Il re immediatamente diede disposizione che tutto ritornasse alla normalità. Sospese il lavoro di tutti per un’intera settimana per dare la possibilità ai genitori di insegnare i vecchi giochi ai figli.
Si iniziarono ad ascoltare le risate dei bimbi che arrivavano fino alla stanza del principe.
Intanto le condizioni di salute di Riccardo migliorarono ed il re , in suo onore, organizzò una grande festa a cui invitò tutti i bambini del regno.
Durante il brindisi istituì la GIORNATA DEL GIOCO: un giorno al mese tutti, bambini e adulti, dovevano giocare. Il principe prese la parola
<< I BAMBINI HANNO DIRITTO A GIOCARE…solo un bambino felice diventa un uomo felice RICORDATELO SEMPRE!>>
GIORGIO LA MARCA
BREVI RACCONTI di...